La foto di Simone cui oggi siamo più affezionati è un selfie che si era scattato ai primi di aprile, poche settimane prima del malore che se lo è portato via. Si era ritratto alla guida di un furgone dell’azienda, gli occhi luminosi, la mascherina appena abbassata a rivelare il suo sorriso aperto, mentre con la mano diceva “Vi voglio bene”. Perché nel buio del primo durissimo lockdown, mentre tanti si lasciavano prendere dalla tristezza e dal pessimismo, il suo pensiero era “Aiutiamo chi ci aiuta”. E stava in prima linea, trascinando con sé tutta l’azienda per fare la spola con gli ospedali veronesi, portando materiale per i sanitari e i malati. Un’immagine che spiega molto di chi era Simone Pasinato, ma non dice tutto. Non mostra l’imprenditore instancabile, né lo sportivo, né il padre affettuoso, o il benefattore che non diceva mai di no se c’era da dare una mano. Un uomo con tutte le sue fragilità, ma capace di guardare in faccia le difficoltà e impegnarsi a superarle.
Amava la montagna ma soffriva di vertigini, quindi ha affrontato passo dopo passo la sua paura, mettendosi alla prova un sentiero dopo l’altro, un metro sopra l’altro, fino a che su quelle cime si è sentito a casa sua. E la corsa: era una roccia, lo aveva dimostrato giocando a calcio a ottimi livelli, ma un incidente lo aveva costretto a rinunciare a una promettente carriera. Ebbene, anche qui un passo per volta era diventato un runner che dava del tu alle lunghe distanze. Non mollava mai, una forza d’animo che gli permetteva traguardi di cui era il primo a meravigliarsi. Come quando come vicepresidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Verona aveva dovuto misurarsi con un impegno che gli faceva tremare le mani e la voce: intervistare un ospite sul palco davanti a tutti, senza rete. Cinque minuti prima era certo che sarebbe stato un disastro, poi non ha avuto nemmeno un’incertezza.
La forza e la testardaggine che tutti gli riconoscevano Simone le metteva a disposizione di chi ne aveva bisogno: a cominciare dall’azienda fondata dal padre Giovanni nel 1978 e di cui era diventato presidente.
Quella Termosanitaria Pasinato che nel 2018 era diventata Pasinato Group, spiegando che così si voleva “racchiudere tutte le nostre anime che vanno dalla progettazione alla realizzazione e alla manutenzione nei settori idro-termosanitario, elettrico e delle ristrutturazioni edili, nel civile, industriale e pubblico”: un altro traguardo raggiunto di slancio, visto che negli ultimi anni la crescita è proseguita con solidità. A non cambiare è sempre stata la volontà di aiutare i più deboli: da anni Simone sosteneva associazioni riconosciute e piccole realtà di assistenza. Ed era presente, pur senza clamore, anche in un’infinità di altri casi, ogni volta che gli segnalavano una necessità.
Un anno fa, paradossalmente, proprio l’emergenza Covid invece di rallentare le sue attività lo aveva spinto a moltiplicare gli sforzi, consapevole che ci si salva tutti insieme. Tra marzo e aprile erano proseguite le installazioni di impianti termosanitari soprattutto negli ospedali della provincia che ospitavano le prime aree Covid. La fiducia non gli mancava, convinto che il virus si poteva vincere “solo restando uniti come una famiglia”, la stessa visione che aveva dell’azienda. “Non sono diventato un calciatore, ma un imprenditore con 60 dipendenti che mi danno gioia”, diceva. La stessa gioia che provava nell’aiutare gli altri, che oggi è il cuore e il primo obiettivo della sua eredità, l’impresa sociale “Gli amici di Simone”.